lunedì 30 settembre 2013

La catastrofe Italia e i veri scopi dell’élite capitalista (di Giovanni Potente)



Pubblicato sul Quotidiano della Calabria domenica 29 settembre 2013 col titolo

La catastrofe Italia e i veri scopi dell’élite capitalista



di Giovanni Potente

La rielezione della Merkel ci riguarda da vicino. La Cancelliera ha messo i temi europei al centro della sua campagna elettorale. Affermando che «se l’Europa è debole, anche la Germania lo è». Il ragionamento fila. La Germania ha l’economia più forte del continente. Quella che esporta di più. Ed esporta soprattutto in Europa. Una Europa impoverita, non più in grado di acquistare i suoi prodotti, potrebbe crearle problemi. Allo stesso tempo, la Merkel ha ribadito di rifiutare «la condivisione del debito europeo». Punti fermi del suo programma sono: mantenere l’euro, rafforzare l’integrazione finanziaria europea (togliere sovranità in materia di economia e fisco ai singoli Paesi e conferirla alla UE) e pretendere dagli Stati dell’Unione ancora rigide politiche di tagli alla spesa pubblica.

Ma quali sono gli effetti reali della moneta unica e dell’austerity imposta dalla Troika (BCE, Commissione Europea e FMI) e volute anche dalla Merkel, in particolare su Paesi quali Grecia, Portogallo, Spagna, Italia e Francia? Gli Stati devono comprare il denaro dalla BCE, pagandoci fior di interessi. Il loro "debito pubblico" aumenta esponenzialmente. Le misure di "rigore" e le privatizzazioni imposte dall’Europa servono per ripianare un "debito" in buona parte determinato dalla stessa moneta unica europea. Finisce che i Governi nazionali svendono le aziende statali a privati (spesso stranieri, come i cinesi che hanno rilevato il porto del Pireo) e smantellano lo "stato sociale", decurtando gli investimenti per sanità, infrastrutture, servizi, scuola ecc. e bloccando o riducendo stipendi e pensioni. Con drammatiche ricadute sulle famiglie.

Nell’Europa meridionale l’euro è una delle concause anche della crisi delle imprese private. Il caso italiano è emblematico. L’euro si è rivelato troppo forte, facendo crollare commesse ed esportazioni. Intanto la pressione fiscale resta elevata (nonostante l’evasione) e le banche negano finanziamenti a migliaia di imprenditori, costringendoli a fallire. La nostra industria è al collasso. Nel solo Nord-Est di recente hanno chiuso 13mila imprese. Quelle che non falliscono le perdiamo. La vicenda Telecom è solo la più clamorosa. Già 500 fra i più importanti marchi italiani sono stati svenduti a prezzi stracciati ad acquirenti stranieri. Di rado sono normali investimenti. Più spesso sono losche operazioni finanziarie, che finiscono con la chiusura delle aziende e il licenziamento di centinaia di persone. Ancora più spesso gli stranieri approfittano di poter comprare a prezzi di comodo le nostre imprese semplicemente per eliminarne la concorrenza. Ed anche in questo caso le chiudono.

La rovina dell’imprenditoria privata aumenta la disoccupazione e dissangua ancora di più le famiglie. Si innesca un circolo vizioso. Ci sarà una nuova contrazione dei consumi e della domanda interna, che unita a quella delle esportazioni darà il colpo di grazia all’industria. Determinando nuovi licenziamenti. E nuova povertà, che farà diminuire ulteriormente i consumi. E così via.

Oltre al danno, la beffa. I tagli voluti dalla Troika non hanno ridotto il debito pubblico. Al contrario, lo hanno fatto aumentare ovunque. In Italia, i due anni di sacrifici e di politiche "lacrime e sangue" praticate dai Governi Monti e Letta hanno sortito il seguente risultato: nel 2011 il debito pubblico ammontava al 120,8% del PIL e i disoccupati erano 2 milioni e 108mila. Ora il debito pubblico è salito al 131,4% del PIL, una cifra da default, e si conta un milione di disoccupati in più (3 milioni e 46mila).

I fatti, dunque, dimostrano che la moneta unica e le politiche di austerity imposte dalla Troika sono inutili e deleterie. E comportano il drastico impoverimento di mezza Europa. Proprio quello paventato dalla stessa Merkel.

Eppure le Istituzioni europee -e la Cancelliera tedesca- continuano ad imporle E i Governi, come quello italiano, ad applicarle. Perché? Perché la Merkel sta consapevolmente contribuendo ad immiserire il principale mercato dei prodotti tedeschi? Perché l’Unione Europea sta fattivamente rovinando i Paesi meridionali? E perché i Governi di questi Paesi si prestano allo scopo? Può trattarsi di un colossale abbaglio? No. Al contrario. È una strategia pianificata. Dalle lobby della grande finanza e dell’industria. Dall’élite capitalista internazionale e dell’imperialismo "atlantico" (anglo-americano). Risale ai primi anni ’90. Mira a riorganizzare il sistema capitalista in Europa dopo il crollo del Comunismo e a ridefinire gli equilibri continentali. E ha tre obiettivi interconnessi. Il primo è ridurre il costo del lavoro, smantellare il sistema dei diritti dei lavoratori e creare una riserva illimitata di disoccupati e precari. Per arricchire ulteriormente i padroni e ridurre i lavoratori ad una massa di semi-schiavi, perennemente ricattabili (della serie: "o accetti le nostre condizioni o vai a casa, tanto c’è la fila per prendere il tuo posto"). Il secondo è garantire il dominio della Germania. Il terzo è appunto distruggere l’Europa meridionale attraverso la trappola dell’euro e poi l’austerity. Per poi consentire alle banche e alle multinazionali straniere di prendersela pezzo a pezzo (beni pubblici, tessuto industriale: tutto). Per farne quindi un bacino di mano d’opera a basso prezzo e senza diritti per i nuovi padroni del Nord. Ed infine per liberare la Germania dalla scomoda concorrenza industriale e commerciale di Paesi come l’Italia. Che prima dell’euro era la quinta potenza mondiale. Ed ora, con l’euro, è un Paese in declino, che costringe la sua gente (pure tecnici e laureati) ad emigrare in massa. Magari a pulire cessi tedeschi.

Questa è la strategia che l’Unione europea e i Governi nazionali stanno operativamente realizzando sul campo. Perché sembrano "istituzioni democratiche". Non lo sono. Sono di fatto enti privati, occupate e controllate dalle lobby internazionali. Di cui sono lo strumento politico e legislativo, curandone gli interessi e realizzandone operativamente le strategie.

Per questo la Merkel paventa l’indebolimento dell’Europa, cioè del principale mercato dei prodotti tedeschi, ma insiste nel pretendere il "rigore" che devasta mezzo Continente. I suoi timori per l’ "Europa indebolita" sono menzogne di facciata. Lei sa che l’euro e l’austerity assicurano enormi profitti e benefici alle banche e alle industrie tedesche (favorite anche dalle politiche protezionistiche di Berlino). Sa che la Germania troverà nuovi mercati mondiali quando gli europei non riusciranno più a comprare i suoi prodotti. E sa che parteciperà in prima fila alla spartizione delle nostre spoglie.

E sempre per realizzare le strategie delle lobby straniere, di cui è evidentemente al soldo, la classe dirigente italiana degli ultimi 20 anni (da Amato a Prodi, da D’Alema a Berlusconi e Monti) ha lucidamente contribuito alla nostra catastrofe. Ficcandoci nella trappola dell’euro e privatizzando i beni pubblici. Ed applicando il "rigore" voluto dalla Troika. Fino ad oggi. Fino al governo di Enrico Letta: ultimo, grigio e solerte esecutore della nostra condanna. Saldamente avallato dal "grande vecchio" del Quirinale e da tutto il PD. Che va negli USA a dare conto del suo operato direttamente ai padroni: cioè al Council on Foreign Relations. Non un ente pubblico, ma la maggiore organizzazione privata americana di banche e multinazionali.

Eppure, come spiegano tanti analisti – economisti, imprenditori, sindacalisti – l’Italia potrebbe ancora salvarsi: uscendo immediatamente dall’euro, ripristinando la moneta nazionale (che favorirebbe la ripresa delle esportazioni, quindi della produzione e dell’occupazione), rinegoziando i patti-capestro siglati con la Troika e abbandonando ogni politica di austerity per iniziare, al contrario, grandi investimenti statali che rimettano in moto l’economia. Insomma: dovrebbe andare nella direzione opposta a quella cui ci stanno portando.

Ma chi e come dovrebbe fare le uniche cose che ci possono salvare? Come intaccare il sistema di omertà e collusione che conduce alla rovina il nostro Paese? Vengano dalla "società civile", se ancora esiste, le possibili proposte. Per ora passo e chiudo. Sperando di avere alimentato il dibattito in merito.

GIOVANNI POTENTE Università della Calabria (giovanni.potente@unical.it)

 

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