martedì 19 febbraio 2013

Mia poesia "SAN LORENZO" (scritta anni addietro, con specìfico riferimento alla località in cui sono nato, facente parte del Comune di Grimaldi, prov. Cosenza).


SAN LORENZO

San Lorenzo,

tu che a noi pòsteri rechi memoria

di Colui che,

forte della propria fede

nel Creator di tutte le cose,

perì bruciato vivo

sulla graticola rovente

perché non volle rinnegarlo,

non sei sfuggito al destino

a cui soggiaccion

tutte le umane cose,

seppur potenti e luminose.

Così fu per le grandi civiltà della storia,

dalla leggendaria Atlantide

– poi inabissatasi nel nulla –

al Sacro Romano Imper

– poi miseramente decaduto –

così – ahimè! – fu per te.

Un tempo accogliesti e sfamasti

otto e più famiglie

che, con enormi fatiche e sacrifici

e la più antica sapienza contadina,

trasformar ti seppero

a generosa fonte.

Sul pianeggiante cuor tuo,

dalle messi attorniato,

ov’oggi sovrano è il silenzio,

ier – sorretto dalle “masse” –

sorgea il “casìno”.

Tutt’intorno lo spiazzo

ed enormi pioppi e secolari acacie.

D’innanzi al portone la fontana.

Più sotto la “cibbia”

ed il delizioso giardino col

vermiglio melograno

e la maestosa “pigna”,

poi – una fredda notte –

miseramente abbattuta

dalla furia della tempesta.

Poc’oltre l’umile Chiesetta…

Oggi vedo i poveri rùderi:

del “trappìto” e del “parmento”,

un tempo tanto produttivi;

delle “caselle”,

un tempo stracolme di castagne da “zucculiare”;

dell’antica “aria”,

ove un tempo si “pisava”…

Or mi sovvengono le arrossate facce

dei tuoi umili contadinelli,

solcate da rivoli di sudore.

L’or non conosceano

ma di buon cuor eran ricchi.

Ricordi – ahime! – di un tempo che fu…

San Lorenzo,

non temer che t’abbian dimenticato

i tuoi figli emigrati!

Essi t’han sempre nel cuor.

Sii sempre fiero

di quegli onesti lavoratori

che nel mondo portano il tuo nome.

Nulla è eterno; nemmeno tu – ahimè! –

ridotto come sei a cento e rotti ettari

di rovi ed erbacce,

che il fuoco dei piromani

e l’ignoranza dei politicanti di turno

pure minacciano di distruggere.

San Lorenzo,

che ne è stato della tua antica gloria?

Perché mai le cose più care

finiscono miseramente?

E’ forse perché preludono al rifiorire?

(S.re Bruno Bossio)

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