lunedì 18 febbraio 2013

Stralcio tratto dalle pagg. 83 e segg. del romanzo d’amore "Dolce profumo di ginestra in fiore" (del sottoscritto)...

Stralcio tratto dalle pagg. 83 e segg. del romanzo d’amore "Dolce profumo di ginestra in fiore" (del sottoscritto)...
 

 



Si sentì rinascere, rivivere. Capì la grande differenza che c’era tra la grandezza, la profondità di ciò che provava ora e ciò che aveva a suo tempo miserabilmente provato per Silvia. Questo sì che era amore vero, sentimento puro, forte come una roccia, invincibile, inattaccabile, una fiamma dentro. Non l’attrazione fisica, tanto forte quanto fragile, come un fiammifero che lo si accende e si spegne dopo un po’.

“Ehi, Antonio, non mi hai sentita?”

“Scusami, Maria, ero soprappensiero… Cosa dicevi?”

“Nulla d’importante… Ti avevo solo chiesto l’ora, dato che mi si è fermato l’orologio”.

“E’ quasi mezzogiorno”.

“Accidenti, mi devo affrettare perché devo preparare da mangiare”.

“Maria, ti devo dire una cosa molto importante…”.

“Sono tutta orecchi”.

Antonio, lievemente arrossito, con lo sguardo a terra, aveva appena iniziato a dire “Ti prego, non pensar male: sono sincero. Mi sono innamorato…” quando un rumore improvviso di ramo che si spezzava lo interruppe.

Guardò verso il ciliegio ed in quella frazione di secondo, impotente, la vide precipitare a terra, sbilanciata, da altezza considerevole. Lei non ebbe neanche il tempo di gridare, sùbito battè pesantemente a terra con la testa, tra le pietre, accanto ad una ginestra in fiore, verde e gialla, che - scossa - emanò il suo caratteristico profumo, come per dare l’addio a quella giovane vita.

Accorse disperato verso il povero corpo di Maria, si inginocchiò accanto a lei e le prese una mano fra le sue. Lei, che aveva tutta la testa bagnata di sangue, lo guardò con amore e, leggendogli sulle labbra la conclusione di quella frase, quel “…di te” che lui pronunciò disperato ma che lei non potè sentire, spirò.

Un leggero venticello sfiorò la ginestra e le accarezzò il viso, ancòra colorito.

Antonio la accarezzò teneramente per quella prima ed ultima volta, le chiuse gli occhi con una mano e si mise a piangere disperatamente accanto al suo corpo ormai senza vita.

Le sue lacrime copiose cadevano sull’erba, ai piedi della ginestra, su quella stessa erba che, nel frattempo, aveva formato una grande corona porporina intorno alla povera testa martoriata di Maria.

Non lo sentiva né arrivava nessuno: Antonio continuava a piangere, in ginocchio, sempre più disperato, nella solitudine più totale. Oltre ai suoi singhiozzi ed al suo pianto, si sentiva soltanto il canto tranquillo degli uccelli, che sembrava essere dedicato a quell’anima pura, appena salita in Cielo, richiamata da Dio.

“Dio mio, perché l’hai fatto?” si chiedeva ad alta voce, piangendo a dirotto e bevendo quelle lacrime amare, disperate, che gli scendevano su tutto il viso. “Perché hai voluto farmi questo? Perché mi hai fatto conoscere, per la prima volta, il vero sentimento d’amore e sùbito dopo mi hai tolto la donna di cui mi ero innamorato? Perché non le hai dato neanche il tempo di dirmi qualcosa? Perché hai voluto farmi sentire il profumo e sùbito dopo mi hai levato il tenero fiore? Perché mi hai tolto la cosa più bella che mi avevi concesso in questi miei ventiquattro anni? E perché ti sei preso Maria nel fiore della giovinezza, senza darle il tempo di innamorarsi?”.

E, struggendosi in questi interrogativi, di tanto in tanto alzava lo sguardo.

Poi sentì che stavano per mancargli le forze, che stava per svenire per il profondo dolore… Vide alcuni uccelli, altissimi, volare lenti e silenziosi nel cielo sereno sopra di lui… I raggi del sole lo accecarono un po’… Svenne, accasciandosi sull’erba accanto al copro di Maria, a faccia in sù, verso il cielo. Ma era uno svenimento particolare, diverso…non gli era mai capitato di svenire e contemporaneamente non perdere i sensi.

Lui, che era già svenuto quando Orlando l’aveva massacrato di botte per Silvia, ne era consapevole per esperienza diretta: questo svenimento era proprio una contraddizione in termini.

Provava una fortissima sensazione di nullità che lo schiacciava pesantemente a terra, che lo pervadeva tutto, fin nelle ossa, e che a poco a poco gli annullò la capacità di pensare autonomamente. Il sole si fece forse cento volte più luminoso sopra di lui, accecandolo, anche se i suoi occhi erano serrati. Era come uno spettatore immobilizzato, costretto ad assistere a qualcosa, senza avere il controllo dei sensi, senza avere le normali percezioni di sempre. Veniva accecato da quella luce, ma non capiva se la vedeva davvero con gli occhi oppure se la percepiva con la mente, ma con lo stesso effetto della vista. Senza pensarlo, percepì Dio, nettamente, come se da sempre ne avesse avuto coscienza.


Addì lunedi18 febbraio 2013

S.re Bruno Bossio

Stralcio tratto dalle pagg. 83 e segg. del proprio romanzo d’amore, di fantasia, scritto nell’estate del 1990, dal titolo “Dolce profumo di ginestra in fiore”, pubblicato nel 1992, Calabria Letteraria Editrice (Rubbettino), di Soveria Mannelli (CZ).
 

 

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